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Ma che identità

Intervista per il Volume Interdipendenza etnico-linguistica (Dino Giovannini), identità di confine e destino comune nella Regione Trentino-Alto Adige: conflitti di interesse e cooperazione intergruppi

 

 

Presentando queste tre domande, finalizzate alla raccolta di interviste ad una quindicina di testimoni privilegiati individuati tra i protagonisti della politica, della cultura e del mondo economico regionale - ricerca di carattere storico inserita nel progetto del prof. Dino Giovannini, dal titolo «Interdipendenza etnico-linguistica, identità di confine e destino comune nella Regione Trentino-Alto Adige: conflitti di interesse e cooperazione intergruppi» - si ritiene opportuno precisare che il termine identità riferito alla percezione e all’autopercezione che le popolazioni dell’attuale Regione hanno (quindi del Trentino e del Südtirol, delle popolazioni di lingua italiana, tedesca e ladina) non esclude la possibilità di negare l’esistenza di una identità comune o di proporre altre tipologie che meglio possano declinarla. 

 

1.    Dalla sua posizione di osservatore privilegiato ritiene che esista nelle popolazioni del Trentino-Alto Adige/Südtirol la percezione di un’identità comune corrispondente all’attuale Regione? Se sì, può brevemente descrivermela? Se no, a quale tipologia di identità si potrebbe fare riferimento?

 

Risposta:

 

Un identità "regionale" mi pare assai difficile a vedere. Cerchiamo di seguire le possibile viste del Trentino-AltoAdige/Südtirol da chi ci vive, partendo dai gruppi classici. I tedeschi sudtirolesi: Per lora, storicamente, la regione è una forzatora, l' identità semmai è negativa - la "regione" è quell' invenzione che non ha ragione di esistere. Gli italiani dell' Alto Adige, gli italiani sudtirolesi: La "regione" è al massimo una struttura di protezione, il capello imposto alle due provincie per garantire una maggioranza italiana o impedire una maggioranza tedesche, però svuotata e diventata impotente. I trentini: vedo un sentimento comune dell "essere trentino", ma una identità "trentino-altoatesina"? Ho dei dubbi. I ladini? Ci sono tracce di un identità sovraprovinciale, questo si, ma meno un identità regionale che di valle, appunte delle valle ladine o quello che di ladino è rimasto. Vedo delle identità - al plurale - se ci dedichiamo a sottogruppi: Per gli abitanti della Bassa atesina, Trento è un punto di riferimento, ci si va a fare la spesa, al cinema, a cenare fuori, a mangiare la pizza a Lavis o gli asparagi a Mezzocorona. Qui forse è sopravvissuto un sentimento comune, una identità pratica, di vicinanza, di conoscenza reciproca. Non so se sia cosi anche viceversamente, se da Mezzocorona si va a fare la spesa a Egna, piuttosto si andrà alle discoteca a Ora, come i giovani della Basse e un po meno quelli di Bolzano vanno alle discoteche tra Mezzocorona e Trento. Altri sottogruppi - gli Schützen del Trentino, qui sicuramente rinasce qualcosa del vecchio tirolo. Tra gli Schützen sudtirolesi invece l' identità "tirolese" è soprattutto riferita a Südtirol-Nordtirol-Osttirol con una piuttosto gentile apertura agli "esotici" del Trentino, un po anche l' alibi per dimostrare che gli Schützen non sono antiitaliani. Ma insomma un pò di identità regionale, anche se folcloristica, anche se trovata nell' armadio dei vestiti vecchi che non si usa più, pare che ci stia dietro. Bisogna dire che anche il mitico nesso tra Bolzano e Trento, la gloriosa storia, spesso era una storia di differenze, di atroci litigi, di separazione più che di matrimonio felice, anche ci sono anche le comunità - i trentini "Freiheitskämpfer" con Andreas Hofer, per esempio. Se invece si va in cerca di una identità comune, allora forse bisogna scendere nei strati dell' inconsapevolezza, del subconscio: forse chi vive a Trento e Bolzano appartiene, senza sentirlo in modo chiaro, senza rifletterci, ad un homo autonomus, ad un italiano prototipo perchè godente di un' autonomia politica che per il resto d' Italia sta diventando una novità; forse ambi e due sono anche appartenenti al tipo homo alpinus, abitanti del cuore delle alpi e testimoni delle nuove realtà alpine, turismo tra sci e funghi, funivie, autostrada, crescente orgoglio della periferia (l' università di Trento, quella ancora da fare a Bolzano come simbolo). Un identità non scritta sul grembiule perchè quelle sono diverse - son trentin, e: i bin a südtiroler.

 

  1. Dopo una lunga transizione - seguita agli accordi Degasperi-Gruber del 1946 e caratterizzata dal persistere dei contrasti tra i due gruppi linguistici, dovuti alla diversa interpretazione della Regione sostenuta dalle forze politiche che li rappresentavano – si giunse, nel 1972, alla modifica dello Statuto di Autonomia. A suo avviso la percezione o meno di un’identità regionale è stata in qualche modo segnata da questa nuova fase dell’Autonomia? Se sì, in quale modo? Se no, perché?

 

Risposta:

Si, in modo abrogativa della "identità imposta", nel modo che lo statuto del 1972 ha restituito ai sudtirolesi i diritti di casa propria, permettendo loro di liberersi da Trento. Possiamo dire che lo statuto ha tolto diritti all' amministrazione condominiale, rinforzando invece i due appartamenti. Lo statuto del 72 ha creato una identità sudtirolese che, da una parte, ha prima sacrificato e poi mollato allegramente il mito della identità tirolese, e dal altra parte ha lasciato indietro il legame con il Trentino. Ne è rimasto uno "Zweckbündnis", dissanguinato, una scatola da buttare. Infatti, le due provincie si stanno muovendo verso un nuovo patto di "collaborazione" tra enti autonomi, abbattendo quello che era la vecchia regione. Il senso comune, se non si rimane sulla retorica, si dovrà ritrovare in un pragmatismo di collaborazione tra vicini di casa, tutti e due liberi di fare quello che vogliono, e ancor di più in quel regionalismo europeo che ancora però è solo struttura inventata dall' alto con poco terreno sotto i piedi.

 

  1. In questi ultimi anni si assiste all’attuazione delle norme, previste dal «Pacchetto», che furono recepite con legge costituzionale nel 1972; tale condizione ha indotto il governo austriaco a depositare, nel 1992, la quietanza liberatoria all’ONU, chiudendo un lungo contenzioso fra Austria e Italia. A fare da cornice a tale processo hanno contribuito la costituzione dell’Europa Unita, con l’affermarsi di un’idea di Europa legata alla valorizzazione delle regioni, e l’emergere di uno scenario inedito segnato dai fenomeni di internazionalizzazione e di globalizzazione. Partendo dalla considerazione che tale contesto richieda una reinterpretazione dell’autonomia e il delinearsi di un nuovo assetto politico - istituzionale dai tratti ancora non ben definiti, ritiene che, nel futuro, ci si possa ancora riferire ad una tipologia di un’identità legata al territorio e alle sue specificità culturali, linguistiche, socio-economiche? Se sì, in quale modo? Se no, perché?

 

Penso che si arrivi a sempre più identità sempre più personalizzate, indiviudalizzate. Infatti, la globalizzazione costringe ognuno ad aprirsi al mondo, con enormi possibilità, ma accompagnate dal senso di perdersi, da angoscie derivanti dall' immensità, dall venir meno dei confini che sono, si, limitanti, ma anche con effetto difensivo, creando patrie. Ora le nuove patrie devono essere costruite più dalle persone stesse, si sarà europei, ma si sarà anche trentini, artigiani o architetti, artisti di quel stile che non invece di quel altro. Penso che sarà un approfondimento delle radici per poter resistere al vento globale, ma questo vuol dire: radici pen radicati non in vaghe appartenenze, non in strutture inventate dai burocrati o rimasti dalla storia, ma in certezze personali - nella famiglia, nel proprio paese, nel posto di lavoro, nella città di studio, avendo le radici molto forti li dove si sta e muovendo la testa tra le nuvole globali. Andiamo incontro ad un homus più pluralista, più diverso, più microfederalista e più macroglobal.


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